Che è successo?
Ti sei fermata 1 ora in autogrill?
Sì, ho avuto un momento di boh.
Tornavo tardi da un lavoro dove mi sono appesa con il cerchio a un carroponte industriale e iniziavo la mia performance con i piedini a mollo nell’acqua raccolta sul tappo rovesciato di un autoclave gigante. Giuro.
Mi sono fermata in un autogrill che non mi piace per niente, circa un’ora… a fare… non so bene cosa.
Poi sono ripartita.
E’ stato un momento di boh.
Succede.
In quest’ultimo mese ho fatto così tante cose che se mi fermo indietro a guardarle mi gira la testa.
Ma voglio guardarle bene perché ho paura che scappino, ho paura di dimenticarle.
Non posso dimenticare il momento dove sopra alla piattaforma sul mare stavamo facendo un riscaldamento guidato da una leonessa (non è solo una persona, è una leonessa) tutti assieme.
Ognuno abbracciato nel suo imbrago, respiravamo assieme e ci scambiavamo sguardi colmi di… tante cose.
Il mare era calmissimo, il tramonto era bellissimo e il gancio della gru era lì, pronto, enorme e saggio.
E’ stato un regalo per me fare spettacolo sopra all’acqua, sul MARE.
E quando ho anticipato un movimento della coreografia, sbagliando ARGH e mi sono fermata lì in attesa… dicendomi brutte parole... mi si è fermato un attimo il respiro. Ma poi ho smesso appena ho potuto sbirciare con la coda dell’occhio i due rimorchiatori che, dietro la nostra struttura, si erano affiancati e sparavano in aria i loro getti di acqua potentissimi, creando un effetto meraviglioso, due archi d’acqua, come due cigni che incrociano il collo…
Non posso dimenticare la ragazza che ieri sera è venuta a parlarmi dopo il concerto del piano e si è commossa, vedevo i suoi occhi pieni di lacrime e sentivo la sua voce tremare. Eppure lei hai finito di dirmi tutto quello che voleva dirmi. Con la testa alta. Meravigliosa.
Non posso dimenticare tutte le micro espressioni, le parole che ci lanciamo, i pensieri che ci portiamo su a grandi altezze quando siamo per aria. Lo strattone inatteso della gru, dopo una risalita velocissima, uno strattone perfettamente fisiologico ma inaspettato, che ci fa tremare un po’ le gambe appena prima di quel salto che deve essere dritto dritto perfetto.
Non voglio dimenticare il momento di ieri sera dove durante il concerto del Grande Piano ho chiesto al pubblico di mandare un bacio a una persona lontana o che non c’è più.
E ho sentito non so quanti, forse 200, rumori di sbaciucchiamenti sulla mano simultanei e poi visto tante mani assieme, che come virgole gioiose mandavano baci lontano…
Anche io l’ho mandato assieme a tutti loro. GRAZIE per averlo fatto.
Non voglio dimenticare gli abbracci di quelle persone che condividono con te attimi densi, unici e preziosi. O le figuracce più figuracce della storia delle figuracce. Lavorare nello staff di un grande festival. E viverne tante, davvero tante, assieme.
Chiudere fuori di casa di notte le persone che ti stanno ospitando proprio a casa loro, raccogliere la segatura del Cirque Bidon sotto il sole a picco con paletta e secchiello (sì, quelli dei bimbi. Sì, l’abbiamo fatto davvero. Sì, non avevamo altre cose per farlo). Scappare in bici da un ubriaco molesto che non ti molla e ti insegue correndo a perdifiato esattamente nel mezzo di via Roma deserta… correndo incontro all’alba dopo una festa memorabile. Far rimuovere col carro attrezzi l’auto di un poliziotto che (giuro, non lo sapevo) stava cercando di risolvere lo stesso problema che stavo cercando di risolvere io. E mi vuole ancora bene!
Raccontare della casa infestata dalla nonnina fantasma. Ma ora siamo diventate amiche e ogni giorno in cui sono stata lì la salutavo e le parlavo.
Non posso raccontare tutto quello che ho vissuto, ci vorrebbe non so quanto tempo.
Ma voglio scrivere ancora una cosa.
Non voglio dimenticare gli abbracci di quelle persone che ti vogliono bene anche a distanza. E l’anno scorso quando mi hanno visto… più o meno tutte mi avevano detto “ti vedo consumata”.
Quest’anno invece mi hanno accolto con parole totalmente diverse. Me le ricordo bene, e non serve riportarle qui. Le tengo nel cuore.
Ti sei fermata 1 ora in autogrill?
Sì, ho avuto un momento di boh.
Tornavo tardi da un lavoro dove mi sono appesa con il cerchio a un carroponte industriale e iniziavo la mia performance con i piedini a mollo nell’acqua raccolta sul tappo rovesciato di un autoclave gigante. Giuro.
Mi sono fermata in un autogrill che non mi piace per niente, circa un’ora… a fare… non so bene cosa.
Poi sono ripartita.
E’ stato un momento di boh.
Succede.
In quest’ultimo mese ho fatto così tante cose che se mi fermo indietro a guardarle mi gira la testa.
Ma voglio guardarle bene perché ho paura che scappino, ho paura di dimenticarle.
Non posso dimenticare il momento dove sopra alla piattaforma sul mare stavamo facendo un riscaldamento guidato da una leonessa (non è solo una persona, è una leonessa) tutti assieme.
Ognuno abbracciato nel suo imbrago, respiravamo assieme e ci scambiavamo sguardi colmi di… tante cose.
Il mare era calmissimo, il tramonto era bellissimo e il gancio della gru era lì, pronto, enorme e saggio.
E’ stato un regalo per me fare spettacolo sopra all’acqua, sul MARE.
E quando ho anticipato un movimento della coreografia, sbagliando ARGH e mi sono fermata lì in attesa… dicendomi brutte parole... mi si è fermato un attimo il respiro. Ma poi ho smesso appena ho potuto sbirciare con la coda dell’occhio i due rimorchiatori che, dietro la nostra struttura, si erano affiancati e sparavano in aria i loro getti di acqua potentissimi, creando un effetto meraviglioso, due archi d’acqua, come due cigni che incrociano il collo…
Non posso dimenticare la ragazza che ieri sera è venuta a parlarmi dopo il concerto del piano e si è commossa, vedevo i suoi occhi pieni di lacrime e sentivo la sua voce tremare. Eppure lei hai finito di dirmi tutto quello che voleva dirmi. Con la testa alta. Meravigliosa.
Non posso dimenticare tutte le micro espressioni, le parole che ci lanciamo, i pensieri che ci portiamo su a grandi altezze quando siamo per aria. Lo strattone inatteso della gru, dopo una risalita velocissima, uno strattone perfettamente fisiologico ma inaspettato, che ci fa tremare un po’ le gambe appena prima di quel salto che deve essere dritto dritto perfetto.
Non voglio dimenticare il momento di ieri sera dove durante il concerto del Grande Piano ho chiesto al pubblico di mandare un bacio a una persona lontana o che non c’è più.
E ho sentito non so quanti, forse 200, rumori di sbaciucchiamenti sulla mano simultanei e poi visto tante mani assieme, che come virgole gioiose mandavano baci lontano…
Anche io l’ho mandato assieme a tutti loro. GRAZIE per averlo fatto.
Non voglio dimenticare gli abbracci di quelle persone che condividono con te attimi densi, unici e preziosi. O le figuracce più figuracce della storia delle figuracce. Lavorare nello staff di un grande festival. E viverne tante, davvero tante, assieme.
Chiudere fuori di casa di notte le persone che ti stanno ospitando proprio a casa loro, raccogliere la segatura del Cirque Bidon sotto il sole a picco con paletta e secchiello (sì, quelli dei bimbi. Sì, l’abbiamo fatto davvero. Sì, non avevamo altre cose per farlo). Scappare in bici da un ubriaco molesto che non ti molla e ti insegue correndo a perdifiato esattamente nel mezzo di via Roma deserta… correndo incontro all’alba dopo una festa memorabile. Far rimuovere col carro attrezzi l’auto di un poliziotto che (giuro, non lo sapevo) stava cercando di risolvere lo stesso problema che stavo cercando di risolvere io. E mi vuole ancora bene!
Raccontare della casa infestata dalla nonnina fantasma. Ma ora siamo diventate amiche e ogni giorno in cui sono stata lì la salutavo e le parlavo.
Non posso raccontare tutto quello che ho vissuto, ci vorrebbe non so quanto tempo.
Ma voglio scrivere ancora una cosa.
Non voglio dimenticare gli abbracci di quelle persone che ti vogliono bene anche a distanza. E l’anno scorso quando mi hanno visto… più o meno tutte mi avevano detto “ti vedo consumata”.
Quest’anno invece mi hanno accolto con parole totalmente diverse. Me le ricordo bene, e non serve riportarle qui. Le tengo nel cuore.